Teggiano: il caratteristico borgo medioevale patrimonio mondiale dell’Unesco – Situato in provincia di Salerno, Teggiano è un comune parte della regione storica della Lucania. Il centro storico, antico borgo medievale, è su un’altura nel Vallo di Diano, mentre le pendici del colle ospitano abitazioni e terreni. Il territorio è composto sia da una zona collinare-montuosa, che da una pianeggiante, entrambe rientranti nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.
L’intera città è inclusa nel territorio considerato patrimonio UNESCO ed il centro storico, insieme all’intera zona di Vallo di Diano, sono riconosciuti dal Ficlu come Club UNESCO. Oggi vi portiamo alla scoperta di questa perla della nostra amata regione Campania.
Teggiano: la storia
Lo storico teggianese Luca Mandelli, vissuto nel Seicento, attribuisce la fondazione del paese ai Coloni della città greca di Tegea. Ma alla fine dell’Ottocento, Giacomo Racioppi, afferma che il borgo è stato fondato dalle genti osco-sabelliche scacciate dalle loro terre a seguito dell’espansione della civiltà Etrusca. Infine, un’ultima ipotesi è quella che Teggiano sia sorta ad opera dei Lucani all’inizio del IV secolo a.C. Solo più tardi viene riconosciuto il nome Tergia o Tergianum.
Il borgo è stato molto importante durante il c.d. periodo Italico, perché ricoprì un ruolo di primissimo piano sia nell’ambito delle dodici città federate Lucane, che in occasione delle guerre sociali. Attualmente, ci sono numerosi reperti che testimoniano quei periodi, sia nell’ambito architettonico religioso che civilistica.
Probabilmente la città viene distrutta intorno al 410 d.C. da Alarico. Dal V secolo in poi assume il nome di Dianum, poi Diano, da cui prende il nome l’omonimo Vallo. Il massimo splendore si raggiunge nel periodo in cui la nobile famiglia dei Sanseverino la destina a luogo privilegiato.
Successivamente, in zona arrivano numerose famiglie normanne, grazie alle quali, il borgo assume una decisa vocazione militare. Tra le famiglie ricordiamo i de Flumine, che fondano intorno al 1133 il Sedile di Diano, i Galliciano, i de Diano e i d’Alitto.
La Congiura dei Baroni al castello
Nel 1485 tra le mura del suo castello è tramata la famosa Congiura dei Baroni. Ordita da Antonello Sanseverino, Principe di Salerno, contro Ferrante 1° d’Aragona, Re di Napoli. Successivamente, nel 1497, Teggiano, rifugio inespugnabile del Principe ribelle, è assediata dall’esercito del Duca delle Calabrie. Dopo il 1552, anno in cui c’è l’allontanamento definitivo della famiglia dei Sanseverino, Teggiano diventa feudo di altre nobili famiglie del Regno.
Dal 1811 al 1860 è stato capoluogo dell’omonimo circondario appartenente al Distretto di Sala del Regno delle Due Sicilie. Nel 1862, il Comune di Diano è rinominato Teggiano, dal latino Tegianum, già sua denominazione in età romana, grazie ai cittadini dell’epoca, capeggiati da Stefano Macchiaroli, che definisce tale operazione un inaccettabile anacronismo. Ancora oggi la maggior parte dei cittadini usa la vecchia denominazione, dicendo in dialetto: “vàu a Dianu” o “nta Rianu”. Dal 1860 al 1927, durante il Regno d’Italia è stato capoluogo dell’omonimo mandamento appartenente al Circondario di Sala Consilina.
Teggiano: le principali attrazioni
Cattedrale di Santa Maria Maggiore
È la cattedrale della diocesi di Teggiano-Policastro. L’attuale chiesa risale alla seconda metà del XIII secolo, consacrata il 12 agosto 1274. È stata costruita grazie a Carlo D’Angiò con impianto gotico, anche se è stata ristrutturata diverse volte nel corso dei secoli. In particolare, nel 1858 è stato invertito l’orientamento dell’edificio originario, la cui primitiva facciata era preceduta da un portico con campanile e battistero ed è stata ingrandita la chiesa con l’edificazione ex novo del transetto, della zona presbiteriale e della sacrestia. L’attuale campanile risale, invece, al Novecento.
L’entrata principale è stata invertita rispetto a quella antica, in quanto, prima si entrava nel tempio da un portico situato sull’attuale via Roma. In seguito alla ristrutturazione, la chiesa, ha perso il suo stile gotico. Il portale maggiore ha un’impostazione con stipiti formati da un gruppo di colonnine corinzie e da un architrave piano, ornato di fogliame semplice e sormontato da un arco a tutto sesto, chiuso in un frontone triangolare. Il portale laterale ricalca, nella simmetria ed in alcune forme, quello principale. La facciata esterna è ornata da quattro edicole funerarie, un Cavaspina e due colonne sormontate da un capitello.
L’interno della Cattedrale
All’interno è possibile visitare quattro tombe e la scultura artisticamente più interessante è l’ambone di Melchiorre da Montalbano, risalente al 1271 ed autografato dallo stesso. E’ sorretto da quattro colonne con capitello di diverso disegno. Sono evidenti in bassorilievo i simboli degli Evangelisti e le figure di Adamo ed Eva. Nel prospetto principale vi è una quinta colonna tortile che ha come base una schiena di leone, simbolo della Chiesa cattolica che poggia su Cristo. Sormontata da un gruppo scultoreo allegorico raffigurante la quotidiana lotta al peccato (lepre) tra il corpo (uomo) e lo spirito (aquila).
Inoltre, all’interno è possibile ammirare un crocifisso in legno del 1400, la statua lignea di San Cono da Teggiano, la statua dell’Assunta, la tele della “Madonna con San Cono” e del “Miracolo di San Cono” ed una teca contenente le ossa stesse del concittadino San Cono, di cui Teggiano ha sempre onorato la memoria.
Chiesa di San Francesco
L’edificazione della chiesa risale al periodo medievale, come è possibile osservare dal portale, datato 1307. Fino ai primi anni dell’Ottocento, la chiesa ed il convento erano tenuti dai frati minori conventuali di San Francesco. Soppresso il convento dalle leggi napoleoniche nel 1808, la chiesa è stata l’unico tempio di Teggiano a restare aperto al culto durante il decennio francese, divenendo chiesa di Stato e rinominata chiesa di San Gioacchino, in onore di Gioacchino Murat.
L’ex convento, del quale allo stato attuale resta soltanto il chiostro rinascimentale con al centro il pozzo, è stato incorporato nella costruzione dell’odierno palazzo municipale.
L’interno della chiesa è a pianta centrale e con il soffitto a capanna ed è caratterizzato da un controsoffitto dipinto dal buonabitacolese De Martino con la tecnica dell’acquerello. Inoltre, ci sono un pulpito, la cui parte anteriore è formata da mascheroni dorati, un coro in noce con sedia priorale finemente intagliata ed alcune tele del XVII secolo. È possibile ammirare anche affreschi di scuola giottesca sulla vita di san Francesco che, precedentemente, erano stati ricoperti da uno strato di intonaco nel corso di un restauro settecentesco. Sul lato sinistro della stessa parete si ammirano le immagini quattrocentesche di Santi appartenenti all’ordine francescano, tra cui san Francesco d’Assisi, San Bernardino da Siena e Sant’Antonio da Padova.
Castello Macchiaroli
Costruito in epoca normanna, appartenuto ai Principi Sanseverino e scenario di grandi avvenimenti storici, dopo vari restauri, oggi è il luogo ideale per ricevimenti, manifestazioni, iniziative culturali, convegni e grandi eventi. È fra i più importanti castelli dell’Italia meridionale. E’ stato sede di importanti avvenimenti storici come la Congiura dei Baroni nel 1485. Successivamente nel corso dei secoli ha mutato il suo ruolo passando da bellicosa fortezza a tranquilla residenza feudale, succedendosi a vari proprietari fino al 1860 quando, la monumentale struttura, è acquistata dai Macchiaroli, famiglia che ne è tuttora proprietaria.
È proprio questo castello, la sede dove, dall’11 al 13 agosto, si tiene la festa ad ambientazione medievale “Alla Tavola della Principessa Costanza”, dove più di 500 “attori” vestiti con abiti d’epoca sfilano nel corteo storico. Questo evento rievoca l’arrivo in città della principessa Costanza, figlia del Duca di Urbino, Federico da Montefeltro, la quale aveva sposato il Principe di Salerno, Antonello Sanseverino.
Museo delle erbe
Il Museo delle Erbe con Viridarium, inaugurato nel 1999, rappresenta il punto di riferimento di numerose categorie sociali. Dai professionisti agli studenti, ai contadini, agli artigiani, alle massaie, ai ricercatori, agli studiosi, ai curiosi della Provincia di Salerno e della Regione Campania. Situato in pieno centro storico di Teggiano, è sviluppato lungo diverse sezioni. Etnobotanica, che comprende l’antica spezieria medievale, la medicina popolare, le erbe nell’uso domestico, le piante ed i legni dell’artigianato, le erbe della magia; Medicine naturali, preparazioni farmaceutiche ed erboristeria; Erbario naturale, classificazioni e carte floristiche; Micologia; Monitoraggio sulle emergenze floristiche del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano; Le erbe, la didattica ed il mondo della scuola.
Gli stufati di Teggiano: il primo piatto tipico natalizio
Primo piatto tradizionale e tipico dell’omonimo comune, il piatto rappresenta uno dei pochi esempi di agrodolce nella cucina locale. Questa preparazione è tipica della Vigilia di Natale, giorno in cui non si consuma carne, secondo i precetti cristiani. L’ingrediente fondamentale è l’uva da vino, sia bianca che rossa. I grappoli scelti durante la vendemmia vengono fatti appassire in soffitta. Il piatto è composto da spaghetti conditi con mollica di pane, uva passita, acciughe ed aromatizzato con qualche rametto di origano.
Per preparare questo gustosissimo primo è necessario cuocere gli spaghetti in abbondante acqua salata e scolarli al dente. Successivamente, è necessario preparare la salsina per condirli. E’ necessario far cuocere leggermente e a fuoco basso, con un filo d’olio evo e uno spicchio d’aglio, le alici spezzettate, la mollica sbriciolata e l’uva passa nell’olio d’oliva, aggiungendo man mano, l’acqua di cottura della pasta.
A questo punto, è necessario levare l’aglio e quando l’uvetta sarà dorata e il tutto amalgamato bene, è possibile iniziare a creare gli strati del primo piatto in un ampio tegame. Si dispone prima uno strato di spaghetti e poi il resto degli ingredienti preparati. Si continua così fino ad esaurimento del tutto. Riempito il tegame, si termina il condimento con un’abbondante copertura di mollica di pane e un filo di olio di oliva.
Anticamente, il tegame veniva coperto e posto sulla brace del focolare, mentre sul coperchio veniva disposta altra brace, come se fosse ricreata una stufa (da qui il nome) e si lasciavano gli “stufati” a cuocere lentamente, in tal modo, finché non diventavano in parte croccanti. Oggi si preferisce la cottura in forno da cucina a gas o elettrico, per creare una crosticina in superficie.