Ariano Irpino: la città del Tricolle – Ubicata tra gli Appennini e dotata di un vasto tenimento al crocevia di antichi itinerari, il comune di Ariano Irpino è situato in provincia di Avellino. Ha ben presto acquisito rilevanza strategica elevandosi fin dall’alto medioevo a sede di diocesi e di contea.
La città sorge nel settore nord dell’Irpinia, tra i mari Tirreno e Adriatico. La linea spartiacque attraversa infatti per decine di chilometri il suo territorio, al cui interno è situato il principale valico dell’Appennino campano: la sella di Ariano. Il comune è attraversato dai fiumi Ufita e Miscano e solcato dal torrente Cervaro ed è, per estensione, il più vasto della Campania.
Ariano Irpino: la storia
Il nome del comune “Ariano”, deriva secondo la tradizione dal latino Ara Iani, con riferimento ad un antico altare pagano dedicato al dio Giano. Tuttavia, l’etimo risale al prenome personale Ario con l’aggiunta di un suffisso prediale. Quindi, si presume che il significato originario fosse “terra di Ario”.
La formulazione “Ariano Irpino” ha sostituito nel 1930 la precedente denominazione “Ariano di Puglia”, resa ufficiale dal 1868. Le origini di Ariano Irpino si legano alla posizione strategica del suo territorio che segna il confine naturale tra la Campania e la Puglia. I primi abitanti risalgono al neolitico, nella zona collinare della Starza, nella quale sono stati trovati reperti archeologici risalenti al VI millennio a.C.
Alle prime popolazioni appenniniche si susseguono nel tempo gli Irpini, provenienti da un ramo dei Sanniti, che fondano la città di Aequum Tuticum. Nella zona di S.Eleuterio al confine con il comune di Castelfranco in Miscano (BN). Il primo insediamento diviene uno dei principali centri abitati della zona, noto anche per il culto della dea Afrodite.
Intorno al 300 a.C. durante la III guerra sannitica la città viene romanizzata, diventando municipio romano. Successivamente, l’area è devastata da un evento tellurico verso la metà del IV sec. d. C. e viene abbandonata nel periodo che intercorre tra la guerra goto-bizantina e la conquista longobarda.
Ariano Irpino: la città del Tricolle
A seguito del lento abbandono del luogo dove era sorta Aequum Tuticum, la popolazione va ad occupare una nuova area posta su un’altura a sud a circa 8 chilometri di distanza. Inizia l’insediamento sul “Tricolle”, l’attuale area di Ariano.
Essa è anche un’area anticamente sacra, perché sul primo colle, ora Piano della Croce, si insediava il tempio di Giano, da cui deriva il nome Ariano “Ab Ara Iani” e sul secondo, l’attuale Cattedrale, si ergeva il tempio di Apollo.
Ariano Irpino: cosa visitare?
Il duomo di Ariano Irpino, cattedrale della diocesi di Ariano Irpino-Lacedonia è intitolata a Maria Santissima Assunta in Cielo, la cui statua poggia sul portale centrale della facciata. Altre due statue, quella di Sant’Ottone Frangipane (patrono della città e della diocesi) e quella di Sant’Elzearo da Sabrano (compatrono) poggiano invece sui portali laterali. Riconosciuta per legge come monumento nazionale. Nel 1984 è stata elevata da Giovanni Paolo II alla dignità di basilica minore.
La facciata, in pietra arenacea verde di Roseto, è stata interamente ricostruita dopo il terremoto del 1456 secondo uno stile romanico a capanna. Infatti, risalgono a quel periodo i tre portali architravati e le nicchie sovrastanti con le statue dell’Assunta, di Sant’Ottone e di Sant’Elzeario, mentre più in alto si trovano i tre rosoni raggiati. All’edificio si accede attraverso una scala a due rampe costruita attorno al 1827. Sul fianco della scalinata si evidenzia un campione di unità di misura in pietra datato 1491, mentre alla base è possibile ammirare un tabernacolo con quattro medaglioni in bronzo raffiguranti i santi patroni della città, realizzato nel 1911 per volere dell’allora vescovo Andrea D’Agostino.
Oltre il campanile, alle spalle della cattedrale e comunicante con essa vi è la residenza vescovile avente affaccio sulla centrale piazza Plebiscito, sede del palazzo municipale.
La cattedrale di Santa Maria Assunta. Gli interni
L’interno a tre navate presenta la classica pianta a croce latina. Le navate, sormontate da volte a crociera che ospitano in ricche cornici di stucco le tele raffiguranti i Dodici Apostoli di Saverio Persico, si intersecano con il transetto posto in posizione rialzata, andando a terminare nel presbiterio.
Entrando sulla sinistra si ammira il battistero, con una vasca in marmo bianco. A lato si trova un fonte battesimale ad immersione su cui è incisa un’iscrizione del 1070 riportante l’evento (voluto dall’allora vescovo Mainardo) della trasposizione del fonte stesso da altra chiesa.
Sul lato sinistro è possibile ammirare la cappella dedicata alla Vergine di Pompei e a Sant’Alfonso, le cappelle del Sacro Cuore, di Santa Maria del Carmelo, e delle Sacre Spine con una teca con torretta gotica che le contiene, la cappella di Sant’Elzearo e infine la cappella della Visitazione.
Sulla destra, dopo un crocifisso di buona fattura, spiccano invece le cappelle dell’Addolorata e di San Liberatore e, in fondo alla navata, la cappella di Sant’Ottone. Nell’abside, sul frontone del coro ligneo (XVI secolo) di fra’ Tommaso da Vasto, si ammira la tela dell’Assunzione di Maria Vergine al cielo (1745) eseguita da anonimo per volere dell’allora vescovo Filippo Tipaldi.
Santuario della Madonna di Valleluogo
È un santuario mariano ubicato circa 3 km a nord-ovest del centro abitato di Ariano Irpino. Sorge presso un ruscello in una vallata ricca di alberi secolari, a un’altitudine di 530 m s.l.m. Il nome originario dell’edificio religioso era Sancta Maria belli loci, poi modificato in “Santa Maria di Valleluogo”.
Le origini del santuario risalgono a un’apparizione mariana, avvenuta secondo la tradizione nel tardo Medioevo. La Madonna apparve a una giovane pastorella sordomuta, figlia di un mugnaio residente nella stessa valle. Il prodigio avvenne infatti nelle immediate vicinanze del mulino ad acqua, tuttora esistente e visitabile. Nel momento stesso dell’apparizione la fanciulla acquisì l’udito e la parola, mentre la Madonna richiese che venisse edificata una cappella in quello stesso luogo. In una prima fase fu allestito un semplice tabernacolo. Successivamente, in seguito all’afflusso sempre maggiore di fedeli, delle guarigioni sempre più numerose e delle offerte spontanee si riuscì finalmente a edificare la cappella.
Il santuario di San Liberatore
È un edificio sacro ubicato circa 3 km a sud-ovest del centro abitato di Ariano Irpino. Sorge nell’omonima contrada su di un colle rivestito di oliveti. Infatti, la località è interamente ricompresa nell’area di produzione dell’olio extravergine di oliva Irpinia – Colline dell’Ufita.
Le origini del santuario sono antiche, ma mancano attestazioni certe negli scritti medievali. Tuttavia, fin dal Seicento è documentata la tradizione secondo cui l’edificio sarebbe stato eretto nel luogo del martirio, avvenuto agli inizi del IV secolo, di san Liberatore vescovo. Il luogo sacro costituisce un’importante meta di pellegrinaggi soprattutto in occasione del 15 maggio (giorno della memoria liturgica di san Liberatore) e nella domenica successiva. La prima domenica di settembre si festeggia invece San Vito martire, cui anticamente era dedicato un altare.
Il castello normanno di Ariano Irpino
Sorge sulla sommità dell’omonimo colle, nella parte più alta e panoramica del territorio cittadino. Edificata in una posizione strategica e di difficile accesso, crocevia tra l’Irpinia, il Sannio e la Puglia, la fortezza domina infatti le valli dell’Ufita, del Miscano e del Cervaro.
Anticamente la sua funzione non era tanto quella di proteggere la città da eventuali attacchi provenienti dalle zone limitrofe, ma quella di ergersi a baluardo per sostenere un assedio in caso di guerra, fungendo così da freno a un’eventuale invasione nemica.
Di forma trapezoidale, il castello presenta lati di dimensione diversa e torri disposte ai quattro angoli. Ogni torre è articolata al suo interno con alcuni vani di varia dimensione. Più grandi in basso e più piccoli in alto, con un diametro che varia da 13 fino a 16 metri. I muri di cortina sono muniti di contrafforti poi interrati. L’ingresso è posto sul lato orientale.
Nella parte superiore vi era il mastio, un edificio quadrangolare di notevoli dimensioni; tale struttura, di cui non rimangono che i ruderi, venne creata in epoca normanna ed era formata inizialmente da due camere cui si aggiunsero poi altri due vani minori. L’edificio, affiancato da una corte e dotato di cisterne per la conservazione dell’acqua, era attrezzato per l’estrema difesa.
Foto: www.comune.ariano_irpino.av.it
Le Torrette
Nel settore nord-est dell’agro comunale, lungo l’alta valle del Cervaro, è possibile ammirare tre torri di avvistamento di epoca medievale:
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La Torre delle Ciàvole, tra il pianoro della Difesa e la stazione di Pianerottolo.
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La Torretta di Camporeale, ubicata sull’omonimo altopiano dove re Ruggero II tenne le Assise di Ariano del 1140.
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La Torre de li Pizzi, situata presso il tratturo Pescasseroli-Candela.
Una quarta torretta (la Torre d’Amandi) era posta a controllo della valle dell’Ufita, ma fu rasa al suolo nel 1767 su ordine di re Ferdinando IV di Napoli in quanto divenuta covo di briganti che assalivano la sottostante strada regia delle Puglie.
Ariano Irpino: terra dell’olio
L’olio extravergine di oliva Irpinia Colline dell’Ufita DOP è uno dei prodotti di nicchia dell’agricoltura irpina. E’ prodotto con l’utilizzo prevalente della varietà di oliva Ravece, coltivata sulle colline che circondano il territorio di Ariano Irpino, in un’area che comprende 31 comuni dell’Arianese, dell’Ufita e della Media Valle del Calore.
Foto: https://www.prodottitipicicampania.it/
Secondo il disciplinare, la raccolta delle olive deve essere effettuata a mano o con l’impiego di macchine, mediante l’uso di reti o altri sistemi di captazione, mentre è vietata la raccolta delle olive cadute naturalmente sul terreno e quella su reti permanenti. L’imbottigliamento può avvenire solo nella zona di produzione per garantire controllo e tracciabilità.
La dicitura Irpinia – Colline dell’Ufita può essere accordata solo all’olio di oliva di tipo extravergine ottenuto dalle olive delle seguenti varietà nelle percentuali indicate: “Ravece”, in misura non inferiore al 60%; “Ogliarola”, “Marinese”, “Olivella”, “Ruveia”, “Vigna della Corte” da sole o congiuntamente in misura non superiore al 40%; “Leccino” e “Frantoio” in misura non superiore al 10%.
Le caratteristiche dell’olio sono il colore, che va dal giallo paglierino al verde e l’aroma intenso.