Mela zitella: il frutto per eccellenza tipico di Avellino

Mela zitella: il frutto per eccellenza tipico di Avellino

Mela zitella: il frutto per eccellenza tipico di Avellino – Continua il nostro viaggio tra le eccellenze campane. Oggi vi portiamo alla scoperta di uno dei frutti tipici del capoluogo irpino e non solo. Stiamo parlando della mela zitella.

Mela zitella: il frutto per eccellenza tipico di Avellino. La storia

La mela zitella è coltivata in Campania. Principalmente nelle province di Avellino e Benevento, ma è possibile trovarla anche sui rilievi dell’alto Molise e dell’Abruzzo ad un’altitudine minima di 600-700 metri.

Anticamente era considerata un vero e proprio frutto dalle molte proprietà, come dimostra la sua diffusione come prodotto cosmetico. Infatti, nel corso del XVII secolo, il frutto veniva svuotato e provato della sua polpa e riempito con olio di gelsomino, per usarlo come candela profumata o anche come deodorante per profumare ambienti.

Mela zitella: le origini del nome

Varie sono le interpretazioni dell’origine del nome. Secondo una prima, la mela zitella è chiamata così per la tardività della maturazione del frutto rispetto ad altre varietà di mela (intorno ad ottobre). Mentre c’è una seconda interpretazione più suggestiva dell’aggettivo, da ricondurre all’antica usanza, tra le donne nubili, di utilizzarne la polpa come cosmetico. La mela zitella, inoltre, è conosciuta anche come verginella o mela gentile.

Mela zitella: le caratteristiche

È una tipologia di frutto caratterizzata dalla maturazione tardiva, da pezzatura medio-grande, di forma appiattita e asimmetrica e di colore giallo ocra con sfumature rosate. È un frutto profumato ed aromatico, dalla polpa bianca, compatta e croccante. Il suo gusto è dolce, ma con un retrogusto fresco e acido.

Gli usi in cucina: le frittelle di mele

Oltre all’uso in ambito cosmetico, il frutto, grazie alla dolcezza del suo sapore, può essere consumato fresco. E’ utilizzato in cucina, in particolare, per la produzione di canditi, ma anche per la preparazione di numerosi dolci.

Tra le ricette tradizionali campane preparate con le mele zitelle ci sono le frittelle di mele. Preparate privando le mele dal loro torsolo, tagliandole a fettine sottili e bagnandole con del succo di limone. Successivamente, vengono immerse in una pastella, preparata con farina, latte (o birra), uova, zucchero, rum o grappa e un cucchiaino di sale. Infine, vengono fritte fin quando non saranno ben dorate. Dopodiché vengono scolate e guarnite con una spolverata di zucchero a velo e cannella in polvere e servite calde o tiepide.

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Foto: www.agricoltura.regione.campania.it

Avellino: il luogo d’origine della mela zitella

Come detto, uno dei luoghi in cui è coltivata la mela zitella è il capoluogo irpino. Scopriamo insieme quali sono le principali caratteristiche e attrazioni di Avellino.

È situata nella parte più pianeggiante della conca avellinese, una grande valle di origine vulcanica dell’Appennino Campano. Circondata dal Monte Tuoro, dalla catena montuosa dei Picentini e dal massiccio del Montevergine ed è attraversata dal Rigatore, dal San Francesco e dal Fenestrelle.

Avellino: la storia

Fondata dagli irpini, il nucleo originario della città, Abellinum, si formò sulla collina della Civita, dove sono stati trovati numerosi reperti archeologici, nel territorio dell’odierna Atripalda. Testimonianze archeologiche attestano la presenza sulla collina di un importante centro pre-romano, di origine etrusco-campana, risalente al IV secolo.

Nel 293 a.C. fu conquistata dai Romani e cambiò più volte denominazione (Veneria, Livia, Augusta, Alexandriana e Abellinatium). La posizione geografica ha agevolato la nascita dei primi insediamenti. Sin dall’antichità la valle del Sabato ha costituito una via naturale tra l’Irpinia e il Sannio.

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Foto di Boris Giordano Fotografo

Tuttavia, Abellinum non costituiva ancora un vero e proprio centro urbano e furono le truppe di Silla ad avviare l’edificazione della stessa. Il Cardo e il Decumano, tipici elementi urbanistici romani, la suddividevano in quattro quadrati. Ognuno dei quali conduceva alle quattro porte esterne. La città romana ha avuto un importante sviluppo in età augustea, grazie alla realizzazione dell’Acquedotto romano del Serino.

Particolare importanza assunse Abellinum in età cristiana, nel corso della quale emerge la figura del grande vescovo Sabino. Probabilmente l’antico centro sulla Civita cessò di esistere a seguito delle guerre gotiche e della successiva occupazione bizantina. La popolazione si disperse nei dintorni, dando origine a vari piccoli nuovi centri, fra cui, la nuova Avellino, sulla collina della Terra.

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Foto di Boris Giordano Fotografo

Avellino: cosa visitare?

Duomo

La cattedrale dedicata alla Madonna Assunta in Cielo ed ai Santi Modestino, Fiorentino e Flaviano è un’opera architettonica di grande rilievo. Situata nel centro storico del capoluogo irpino, nella zona più antica della città, chiamata collina della Terra. E’ il principale luogo di culto cattolico ed è chiesa madre della diocesi di Avellino.

La facciata del duomo, di stile neoclassico, si presenta in marmo bianco e grigio, alabastro e basalto ed è divisa in due ordini da un cornicione. Nell’ordine inferiore sono inseriti i tre portali d’entrata, in bronzo cesellato a mano, ad opera dello scultore avellinese Giovanni Sica. E’ di notevole fascino il portale centrale che raffigura alcune scene della storia religiosa e civile della città e della diocesi di Avellino.

Ai lati della porta centrale ci sono due nicchie che contengono due statue di marmo bianco. A sinistra vi è San Modestino da Antiochia, patrono della città. Mentre a destra vi è San Guglielmo da Vercelli, patrono primario d’Irpinia e fondatore del monastero di Montevergine.

Non resta inosservata, la scala di accesso al Duomo, fatta con balaustra in marmo bianco, scolpita con dei simboli, e alabastro, di stile barocco. Sul lato destro della cattedrale, oggi sono visibili gli scavi archeologici degli antichi edifici crollati dopo il terremoto ed il campanile.

L’interno della Cattedrale di Avellino

L’interno della cattedrale, in stile barocco, presenta la pianta a croce latina, diviso da pilastri in tre navate.

Il soffitto a cassettoni della navata centrale, che copre l’antico soffitto a capriate, è stato realizzato nel Settecento. Al centro, è possibile osservare la grande tela di Michele Ricciardi, raffigurante Maria Assunta in cielo. Mentre ai lati in quattro medaglioni sono stati dipinti alcuni elementi che richiamano le litanie mariane: una casa, una stella, una torre ed una rosa.

Nelle dieci piccole cupole situate nelle navate laterali sono stati dipinti episodi evangelici della vita di Maria. Venti figure di profeti o di personaggi biblici dipinti negli archi che separano le navate. E le figure degli apostoli Pietro e Paolo nell’arco che immette nel transetto.

Sotto il transetto, vi è la parte più antica della cattedrale, ovvero la cripta della Madonna dei Sette Dolori, detta anche cripta dell’Addolorata. In stile romanico e suddivisa in tre navate da colonne di pietra bianca. Il soffitto è formato da volte decorate ed in fondo alla navata centrale è presente un altare moderno, fatto in marmo bianco. Mentre dalla navata destra, si può accedere ad un lungo corridoio che porta al luogo di sepoltura di alcuni vescovi della città di Avellino. Sia il Duomo che la Cripta ospitano numerosi matrimoni di sposi irpini.

Santuario della Madonna delle Grazie

È una delle chiese più antiche presenti in città. Annesso alla chiesa, è possibile visitare il Convento dei Cappuccini della provincia monastica di Napoli. La Chiesa è costituita da due navate. Nella parte sinistra è presente una tela raffigurante “La deposizione” risalente al ‘500 ed un Crocifisso ligneo.

Nella navata destra è possibile ammirare altari dedicati a Sant’Antonio di Padova, San Francesco d’Assisi e al Sacro Cuore di Gesù. E’ posta anche la nuova statua della Madonna che viene portata in processione il 2 luglio, giorno della solennità.

Nella navata centrale, è possibile visionare i sei medaglioni distribuiti ai due lati, tra i quali all’interno di essi troviamo dei dipinti antichi e di grande fattura. Al di sopra della porta d’ingresso vi è il coro dei frati, con un crocifisso ligneo, del ‘500, restaurati nella seconda metà dell’800.

Dogana

La facciata è divisa in cinque moduli su due livelli. Il piano terra è diviso da cinque archi dei quali quello centrale e i due esterni sono portoni. Sul portale centrale sono posizionate due mensole che un tempo ospitavano due statue antiche: Diana e Efebo. Ai due lati della facciata erano presenti due leoni reggenti lo stemma del Principato Ultra, posti ai lati del portale di Palazzo Caracciolo.

Dopo il terremoto del 1980 e dell’incendio del 1990, la dogana subì molti danni. Oggi, della stessa rimane solo la facciata e la base delle mura perimetrali. Da allora è abbandonata.

Piazza della Libertà

Inizialmente nota come largo dei tribunali per ospitare il palazzo di giustizia nella sede attuale della provincia, assume il nome di Piazza della Libertà nel 1864. Durante il fascismo era nota come piazza della Rivoluzione. L’aspetto architettonico è mutato nel corso degli anni. Nel 1620, all’inizio di Viale del Miglio (l’odierno corso Vittorio Emanuele II), era stata eretta Porta Napoli. Poi demolita ad inizio ‘800.

Nel 1709 i principi Caracciolo fecero costruire l’omonimo palazzo come loro residenza, mentre nel corso del ‘900 furono abbattute la chiesa del Rosario (ricostruita sul corso principale nel 1933). Negli anni ’60 furono costruite le due fontane tuttora presenti. Tra il 2016 e il 2017 la piazza è stata oggetto di un totale rifacimento rendendola continuazione dell’area pedonale dell’attuale Corso Vittorio Emanuele II.

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Foto di Boris Giordano Fotografo

 

di Elisa De Vito

Foto copertina tratta da www.agricoltura.regione.campania.it

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