Pozzuoli: l’incrocio perfetto tra storia e tradizioni culinarie – Situato a pochi Km da Napoli. Pozzuoli è il sesto comune non capoluogo di provincia più popoloso d’Italia. Dopo Giugliano in Campania, Guidonia Montecelio, Torre del Greco, Busto Arsizio e Marsala.
Il comune affaccia sul bel Golfo di Napoli, nell’area dei Campi Flegrei. Grande importanza ha rivestito durante le epoche greche e romane e la sua storia è ancora ben visibile in ogni angolo della città. Molto conosciuta per il fenomeno del bradisismo, l’attività vulcanica che, in base alla pressione esercitata dai gas sotterranei, fa aumentare e diminuire l’altezza della città rispetto al livello del mare. Pozzuoli è tra le mete preferite per i matrimoni ed eventi in Campania.
Pozzuoli: le principali attrazioni
Una città ricca di storia, bellezze naturali e luoghi unici, andiamo a scoprire insieme quali sono le principali attrazioni da poter ammirare.
Il Rione Terra
È il borgo antico della città di Pozzuoli, dove sorse il primo abitato del paese situato su un colle a 33 metri sul livello del mare, per padroneggiare tutti i pericoli di un tempo. Il suo massimo splendore è stato raggiunto in epoca romana, ma le sue origini sono molto più antiche. Qui sorgeva il primo porto dei Greci di Cuma, trasformato nel più grande porto di Roma nella successiva epoca romana. Fu proprio da questo momento che la città cominciò a stratificarsi.
Dal 1970 poi, a causa dei fenomeni legati al bradisismo, gli abitanti di questo rione furono costretti a lasciare le proprie case per mettersi al sicuro. Da allora il Rione Terra non è stato più abitato e proprio grazie a una serie di lavori di ripristino che ebbero luogo, fu portato alla luce e inaugurato nel 2014. Un sito archeologico ampio più di 4000 mq, grazie al quale è possibile compiere un vero e proprio viaggio nei secoli, attraversando e scoprendo le meraviglie di questa antica colonia romana.
Il percorso inizia proprio sotto la rocca di tufo del Rione Terra, portando man mano alla scoperta di affascinanti edifici, antichi forni con ancora le macine intatte dove veniva lavorato il pane. Vecchie botteghe, antichi magazzini e tante altre meraviglie.
Tempio di Serapide
Chiamato Tempio, in realtà è un “macellum”. Ovvero l’antico mercato puteolano all’interno del quale, durante gli scavi, fu trovata una statua del dio Serapide che indusse gli esperti ad una cattiva interpretazione dell’utilizzo della struttura. Il Tempio di Serapide è anche il “misuratore” dell’attività bradisismica di Pozzuoli. La base del tempio è, infatti, collegata con dei sotterranei naturali al mare. Quando il bradisismo si trova in fase passiva, la città scende leggermente sotto il livello del mare, e la pavimentazione del tempio scompare sotto diversi centimetri d’acqua.
L’Anfiteatro Flavio
Risalente alla seconda metà del I secolo d.C., venne realizzato per far fronte all’incremento demografico di Puteoli, che aveva reso inadatto il vecchio edificio adibito per spettacoli pubblici in età repubblicana. Situato tra due vie principali, la Via Domiziana e la Via per Napoli, è il terzo anfiteatro più grande d’Italia. Dopo il Colosseo e l’anfiteatro Campano.
La costruzione è stata attribuita agli stessi architetti del Colosseo. Secondo alcuni testi, l’Anfiteatro Flavio fu voluto dall’Imperatore Vespasiano e la sua inaugurazione probabilmente da Tito. Secondo alcuni studiosi, la presenza di muratura realizzata con la tecnica dell’opus reticulatum, farebbe pensare ad una sua realizzazione sotto Nerone. Rimossa poi con un processo di damnatio memoriae.
La tecnica muraria comprende anche l’utilizzo di laterizi. Inoltre, il ritrovamento di un’iscrizione epigrafica che recita così “Colonia Flavia Augusta/Puteolana pecunia sua”, ovvero “la Colonia Flavia Augusta costruì a sue spese”. Il fatto stesso che la tipologia dell’anfiteatro puteolano è del tutto simile a quella del Colosseo, portano a collocare la nascita del monumento in età Flavia.
Durante il Medioevo l’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli è rimasto sepolto dai detriti vulcanici che hanno conservato intatti i suoi sotterranei. Durante la visita si possono osservare i sistemi di catene e carrucole utilizzati per portare dai sotterranei all’arena le gabbie delle fiere contro cui lottavano i gladiatori.
Il Molo Caligoliano
Caligola è stato uno degli imperatori di Roma. Le testimonianze raccontano di una persona poco incline alla socialità, invaghito di sé stesso e pronto ad ottenere ciò che desiderava con ogni mezzo. A Pozzuoli, Caligola ha dato dimostrazione della sua pazzia, facendo costruire un molo. L’Imperatore pretendeva che la struttura collegasse la città di Pozzuoli con Ischia. In modo che potesse arrivare sull’isola al galoppo del suo destriero.
Il Vulcano Solfatara
La Solfatara di Pozzuoli è uno dei vulcani attivi più particolari del mondo ed è situato nei Campi Flegrei. La Solfatara non ha il classico aspetto del vulcano, in quanto si presenta come una distesa di terra molto calda, all’interno della quale si aprono laghi di fango in ebollizione.
Il Santuario di San Gennaro
Fortemente voluto dai napoletani affinché sostituisse la precedente chiesetta, il Santuario risale all’VIII secolo. La sua costruzione iniziò nel 1574 e si concluse nel 1580. Sorge sul luogo preciso dove san Gennaro e i suoi sei compagni furono decapitati per il martirio. Il primo restauro della struttura risale al 1701 e fu concluso nel 1708, quando venne riconsacrata dal vescovo di Pozzuoli Michele Petirro.
Nel 1860 la chiesa subì gravissimi danni a causa di un incendio. Fu tempestivamente restaurata su progetto dell’architetto Ignazio Rispoli e completata nel 1866. Nel 1877 fu trovato un cunicolo che collegava la chiesa con il monastero dove all’ interno erano presenti letti, si presume per i peccatori.
La facciata si presenta semplice e con un profondo pronao e due belle colonne tuscaniche. Sulle pareti ci sono alcune lapidi che ricordano la visita fatta alla chiesa nel 1697 dall’arcivescovo di Napoli, cardinale Giacomo Cantelmo ed i restauri eseguiti nel 1701. Sul portale in piperno si trova un delicato bassorilievo seicentesco in marmo, raffigurante il volto di Gesù. L’interno è ad una navata, coperta da una volta a botte unghiata e con cappelle laterali. Mentre un arco trionfale la divide dal presbiterio, coperto da una pseudo cupola affrescata, insieme ai pennacchi e alla volta. Le cappelle sono intercalate da lesene, sormontate da capitelli ionici. Sul pronao trova posto il coro dei frati.
Tra le opere più pregevoli conservate nella chiesa si ricorda un altarino sovrastato da un bassorilievo raffigurante il martirio di san Gennaro. Opera del 1695 del celebre artista Lorenzo Vaccaro. Inoltre, è conservata anche un’altra opera raffigurante sempre il martirio del santo, posta sull’altare maggiore, di Pietro Gaudioso, risalente al 1678.
Chiesa Santa Maria delle Grazie
È la più antica parrocchia della diocesi di Pozzuoli, elevata il 15 novembre 1624 dal vescovo Lorenzo Mongiò. La chiesa fu edificata agli inizi del XVI secolo, nella zona dell’attuale piazza della Repubblica. E dedicata alla Madonna delle Grazie.
Lago D’Averno e Grotta della Sibilla di Pozzuoli
Il lago d’Averno è indicato da Virgilio nell’Eneide come l’ingresso dell’Ade. Il luogo in cui Enea ebbe accesso agli inferi. L’identificazione tra il lago di Pozzuoli e la porta dell’inferno è data dalla sua origine. L’Averno si è formato nella bocca di un vulcano che si è spento lentamente nel corso dei secoli. A causa delle esalazioni sulfuree provenienti dal cratere, gli uccelli che sorvolavano l’Averno morivano all’istante e per questo motivo gli antichi lo chiamarono “Aornon”, ossia luogo senza uccelli.
Oggi il Lago D’Averno ha un aspetto meno infernale. In quanto è formato da uno splendido giro-lago con piante mediterranee, ideale per fare passeggiate a piedi o jogging. Nei pressi del lago si trova anche la grotta della Sibilla, scavata nel tufo per consentire il passaggio a piedi dei militari che arrivavano con le loro navi nel Portus Julius.
Oasi di Montenuovo a Pozzuoli
Il Montenuovo è il vulcano più giovane d’Europa. Nato durante le eruzioni del 1538. La sua nascita è legata a delle leggende, in quanto osservatori dell’epoca affermano di aver visto nascere la montagna nel giro di soli due giorni. Le cronache raccontano che il 28 settembre 1538 il mare si ritirò per circa 400 metri, lasciando sulla spiaggia molti pesci, raccolti dalla popolazione come una benedizione divina.
Nel giro di 24 ore, però, lo stesso dio che aveva regalato tanta abbondanza, scatenò l’apocalisse. La terra si squarciò, inghiottendo la cittadina medioevale di Tripergola e restituendo lapilli, lava e fanghi incandescenti. La quantità di materiale che venne fuori dal ventre della terra creò una nube che si dissolse soltanto dopo due giorni.
Oggi il vulcano è spento, e sulle sue pendici cresce una folta vegetazione che accompagna i visitatori durante la visita all’Oasi di Montenuovo.
La Melannurca di Pozzuoli
La Melannurca o Mela Annurca Campana è una varietà pregiata di mela tipica della regione Campania e considerata la “Regina delle mele“.
La raccolta di questi frutti, ancora acerbi, deve iniziare intorno alla metà di settembre. Per evitare che si decompongano cadendo al suolo in quanto caduchi. Successivamente, inizia la fase di maturazione detta “Arrossaménto” con l’esposizione al sole per 10-15 giorni.
Le mele vengono sistemate a terra sui “Melài” o “Pòrche“. Ossia strisce di terreno ricoperte da graticci di paglia ricavata dalla trebbiatura e delimitate da solchi per far sfociare l’acqua. Vengono frequentemente girate a mano sino a raggiungere il tipico colore che ne caratterizza anche il sapore.
La Melannurca è presente in Campania dall’età preromana degli Italici Osci e Sanniti. Il luogo di origine è attribuito al comune di Pozzuoli, come riporta Plinio il Vecchio nel suo trattato: Naturalis historia, con la denominazione di Mala Orcula in relazione al limitrofo Orco. Ovvero il lago d’Averno, sede degli Inferi.
L’Indicazione Geografica Protetta “Melannurca Campana” è stata riconosciuta nel 2006.
La Melannurca si può consumare come frutta a fine pasto anche per le qualità digestive. Può diventare un’ottima merenda o alimento da colazione. Inoltre, negli ultimi anni è sempre più usata per la produzione di distillati o marmellate. Infine, possono essere prodotti succhi di melannurca o questo frutto viene usato per la guarnizione di crostate e dolci.
di Elisa De Vito